Morte di un carabiniere     

Edizioni: Minimum Fax - Collana: SOTTERRANEI

I edizione: gennaio 1998 - II edizione: aprile 1998

Finalista PREMIO F. FEDELI - LETTERATURA (Il miglior romanzo poliziesco edito nel 1998).

 

"Nella psicologia c'è sempre qualcos'altro e qualcosa di più che la psicologia. E così anche nella figura sociale c'è qualcos'altro e qualcosa di più della figura sociale". (Pier Paolo Pasolini  - PETROLIO-Appunto 31)

 

"E’ un’estate afosa, fa un caldo che ammoscia pure le mosche, e in un desolato paesino del Sud viene ritrovato il cadavere di un carabiniere: ‘nu piezz’ ‘e guaglione, bello come un adone. E’ stato assassinato , e c’è da trovare il colpevole. Al commissario De Grada, della Polizia e al brigadiere Capece, dei Carabinieri (azione coordinata…idea partorita in alto loco…) vengono affidate le indagini. I due, ognuno per suo conto, arrivano vicino alla verità, ma…

State per leggere un libro che è un’intelligente e divertente parodia del genere giallo, e allo stesso tempo un giallo vero: un pastiche che conserva il senso di indignazione civile di Sciascia e le contaminazioni di Gadda. Un libro che ci parla del Sud, ma affonda le mani nella tradizione narrativa, cinematografica e - per cadenza ritmica - musicale del nostro intero paese.

 

L’Incipit

"Con quella calura che ammosciava pure le mosche, frequentatrici del trilocale sito in Via Cavour 18 (sede distaccata e provvisoria della tenenza del Corpo dei Carabinieri di X), la quattordicesima del 2 agosto non aveva l’aria di essere una di quelle fatali, quanto, piuttosto, una delle tante gregarie e portatrici d’acqua all’eternità; in ogni caso, inadatta a qualsivoglia pragma, foss’anche quello solerte e suffragato da istitutivi giuramenti dell’Arma Fedele.

N’oretta bbona per la pennichella post pranthium…"

 

La critica

"Il giallo afoso si snoda in un’Italia malata, tra sapienti ricostruzioni ambientali, ritratti coloriti (e spesso umoristici), pastifici e prostitute, sognanti lirismi e cadenze inconfondibilmente meridionali… Un intrigo appassionante, scritto in una prosa ironicamente aulica…" (Filippo La Porta - La Repubblica - Musica)

"…da leggere, anche, perché, non di solo ‘genere’ si tratta, ma di scrittura che entra negli stilemi del poliziesco, per rivisitarli alla luce di una giustizia impossibile e probabilmente inutile, e per restituirci una provincia immobile, ma tutta orecchie, raccontata in una lingua in cui formule burocratiche, dialetto e dialoghi di straordinario sapore si legano, si sovrappongono e seguono un ritmo discordante ma preciso, quello della vita vera, riveduta e corretta da mano e orecchio di scrittore…" (Francesca Lazzarato - Il Manifesto)

"L’autore ha un recente passato di estroso filmaker e di pittore, da cui la capacità di evocare luoghi, situazioni e personaggi in una sorta di montaggio visivo, a volte molto cinematografico. Insomma da leggere tutto d’un fiato, proiettandolo, a mo’ di film, sullo schermo del proprio immaginario. Comunque da segnalare a qualche regista ‘in gamba’…" (Nino Ferrero - Il Salvagente)

"La struttura del romanzo è quella classica del thriller, in cui c’è da scoprire autore e movente di un delitto, ma Del Giudice gioca con l’ironia e con il ritmo veloce che muove il filo narrativo, scardinando in qualche punto le regole di genere… La forma espressiva rivela il sapiente uso di un impasto linguistico che utilizza voci gergali e riferimenti alti, citazioni straniere ‘addomesticate’, con ammiccamenti all’insuperata maestria del Pasticciaccio di Gadda." (Mirella Armiero - Corriere del Mezzogiorno)

"Il romanzo si presenta come un giallo, ma più che un giallo è nu fatto spuorco, come conclude nel finale il brigadiere Capece. E’ la storia atavica di un malessere meridionale, il malessere della provincia del Sud, dove il mistero è destinato a restare irrisolto… Una calma profonda e dilatata, mista a una vitalità che insorge a sprazzi, quasi un istinto di sopravvivenza." (Giovanni Fiorentino - Il Mattino)

"E’ intorno all’amaro nocciolo di una humanitas perduta, che oscilla il pendolo stilistico di Del Giudice… Ma le pagine più belle sono quelle in cui l’autore, venuto si direbbe a patti con sé stesso, indugia in flashback di pensose immagini: di immagini, appunto, che fanno pensare, che divengono simboli di una condizione umana e delle sue esigenze. Si veda il capitolo esemplare sulla figura del poeta Paolo Guidi, ambientato nella campagna di Todi: l’incontro del commissario colto e del poeta, in quella che dovrebbe essere una perquisizione, si risolve in un’amicizia, basata sulla consapevolezza della forza civile della poesia." (Giuliano Sozi - La Squilla)

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